“…Un tempo lungo se si pensa che è stata aperta, nei cento anni, anceh tutti i sabati e spesso tutte le domeniche per una media di almeno 335 giorni l’anno. Fino alla seconda guerra mondiale non vi erano stati, nel confronto col passato, grossi sconvolgimenti effettivi nel lavoro del farmacista, anche se già erano apparse le prime specialità medicinali. Basti pensare che gran parte delle preparazioni veniva fatta a mano, compreso l’approntamento di estratti e tinture, di unguenti e pomate ed anche di fiale iniettabili. Le sostanze venivano conservate in luoghi freschi o in ghiacciaie rifornite con stecche di ghiaccio, i medicinali venivano da Firenze con un carro a cavalli, le sostanze dovevano essere macinate, setacciate, filtrate. Venivano conservate in vasi le sanguisughe (che negli anni ’60 erano ancora prescrivibili per le mutue) e allevati in vasche i ranocchi per le analisi di gravidanza. Veniva il venditore di miele, di camomilla e lavanda essiccate, la sugna per gli unguenti la forniva il macellaio e tante altre materie prime venivano fornite non da industrie specializzate, ma dai comuni fornitori domestici”.
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